L’emergere dell’intelligenza artificiale e del machine learning pongono una nuova serie di opportunità – e sfide – per le aziende, l’organizzazione del lavoro e le persone.
I compiti che possono essere realizzati attraverso il machine learning hanno una portata molto più ampia rispetto all’impatto che le tecnologie di prima hanno avuto sulle generazioni precedenti.
Lo scenario nuovo che si profila all’orizzonte vedrà modificarsi l’apporto e le modalità di creazione di valore che il lavoro umano darà alle organizzazioni.
Poiché l’intelligenza artificiale e il machine learning trasformano le aziende e rimodellano i settori, questo ha delle implicazioni commerciali, nuovi prodotti e nuovi mercati, ma anche un impatto rilevante sulle persone, sulle organizzazioni e sulla società nella sua complessa interezza.
Queste sfide per le organizzazioni sono sui tavoli dei CEO e delle persone che gestiscono le persone e i loro processi di apprendimento in azienda, gli HR Manager.
Oggi vi voglio raccontare brevemente due cose che cercherò di condividere giovedì 14 al Forum HR organizzato da Comunicazione Italia nel tavolo, su Training & Development, al quale sono stato invitato a partecipare per rispondere su come la digital trasformation cambia i ruoli, il lavoro delle persone e i processi apprendimento e formazione.
Partendo da due megatrend specifici – i cambiamenti tecnologici e la globalizzazione che permette la diffusione pervasiva e veloce dell’innovazione – ci sono due possibili modalità di rispondere per le singole persone. Il primo è incentrato sulla volontà delle persone di creasi nuove competenze per le loro posizioni attuali, questo processo si chiama upskilling. L’altra modalità, ancora più sfidante è quella di acquisire nuove competenze per fare un lavoro completamente diverso, questo processo si chiama reskilling.
Per eccellere in futuro, le persone credo che dovranno alternare periodi di upskilling a periodi di reskilling, saper padroneggiare un mix di abilità cognitive e interpersonali in modo da poter riuscire a pensare sempre più pensare analiticamente, comunicando e collaborando attivamente con i capi e i colleghi.
Ma come si realizzano materialmente questi complessi progetti e periodi di upskilling e reskilling per le aziende? Le persone adulte preferiscono farlo sul posto di lavoro attraverso un mix di attività e di modalità: da soli, online, utilizzando delle app e infine attraverso dei workshop con i colleghi guidati da un docente che fa la funzione del facilitatore.
La maggior parte delle professioni nella maggior parte dei settori avranno sempre attività che potranno essere svolte bene attraverso il machine learning. Sfruttare il potenziale del machine learning significherà riprogettare continuamente il contenuto dei compiti delle professioni disaggregando e raggruppando alcune attività.
Non faremo mai più lo stesso lavoro e non lo faremo mai più nello stesso modo.
Altro aspetto fondamentale sarà l’organizzazione complessiva del lavoro che non potrà mai più essere basata sull’assioma lavorare di più fa ottenere di più.
Un recentissimo esperimento realizzato da Microsoft in Giappone lo dimostra. Lavorare quattro giorni a settimana anziché cinque funziona. E aumenta i tassi di produttività. L’azienda di Redmond ha deciso di provare una settimana di lavoro ridotta per i suoi 2.300 dipendenti della sede di Tokyo. Un modo per promuovere un equilibrio più salutare tra lavoro e vita privata. Da qui è nata l’idea del weekend lungo: uffici chiusi venerdì, sabato e domenica per un mese (agosto 2019), così per valutare eventuali pregi e difetti di questa scelta.
I risultati, come detto, sono stati sorprendenti. Secondo quanto riferito dalla stessa Microsoft, per il periodo del test la produttività (che è stata misurata in termini di vendite per dipendente) è aumentata del 39,9% rispetto allo stesso mese dell’anno precedente (agosto 2018, dunque).
Un incremento significativo, insomma, ottenuto grazie a uno snellimento generale dei tempi dedicati ad alcune fasi del processo. Sono state limitate, ad esempio, le riunioni in azienda, con tempi massimi previsti di 30 minuti.
E allo stesso tempo sono diminuiti i costi aziendali fissi: le spese per l’energia elettrica sono scese del 23,1%, e anche il consumo di carta utilizzata in sede per fax, stampe e il resto si è più che dimezzato.
A tutto questo si sono aggiunti i feedback fortemente positivi degli stessi dipendenti: il 92,1% di questi che ha dichiarato di apprezzare la settimana lavorativa di quattro giorni. Una percentuale che, benché prevedibile, racconta molte cose sullo stato d’animo dei dipendenti.
Insomma, tutti felici e contenti, azienda e lavoratori.
Di quest’ultimo aspetto ne ho voluto parlare con il mio collega Fabio Fassone che da anni si occupa di migliorare l’equilibrio emotivo in azienda. Giustamente, mi ha detto “per troppo tempo abbiamo considerato il rapporto “risultato” / “tempo” come due variabili direttamente correlate. Oggi non è più così. Oggi ciò che è rilevante, ha aggiunto, è riuscire ad addestrare “l’attenzione”, disinvestire nell’idea di riuscire a creare “una mente multitasking” e insistere invece sulla creazione di “consapevolezza”, una vera e propria variabile economica che impatta anche sulla qualità e quantità del tempo investito a perseguire i risultati”
Sono completamente d’accordo con Fabio
E voi?