La Banca Centrale Europea (BCE) ha pubblicato il 10 giugno us un rapporto sugli standard di sottoscrizione del credito delle banche che evidenzia alcuni punti deboli nel modo in cui le banche hanno concesso e valutato i nuovi prestiti negli ultimi anni. In tempi di crisi economica o di stress come l’attuale crisi causata dal coronavirus (COVID-19), standard di prestito adeguati e prezzi basati sul rischio diventano ancora più importanti man mano che le perdite si concretizzano.

Il rapporto contiene i risultati di un progetto avviato nel maggio 2019 per raccogliere i dati di 95 importanti banche dell’area dell’euro sui nuovi prestiti concessi nel periodo 2016-18 per diversi portafogli di credito. È la prima volta che per queste banche sono disponibili dati quantitativi armonizzati, compresa una ripartizione dettagliata dei nuovi prestiti.

Il rapporto contiene una serie di risultati a livello di settore, tra cui:

  • le banche con elevati livelli di non-performing loans (NPLs) tendevano a concedere prestiti per l’edilizia abitativa in modo più conservativo rispetto ad altre banche;
  • non tutte le banche hanno prestato sufficiente attenzione al pricing basato sul rischio, in particolare per garantire che il pricing dei prestiti coprisse almeno le perdite e i costi previsti;
  • non sono state riscontrate prove che le banche che utilizzavano modelli interni per calcolare i requisiti patrimoniali applicassero una migliore tariffazione basata sul rischio;
  • in media, le banche hanno abbassato i loro standard di credito per i prestiti alle famiglie: hanno assunto maggiori rischi, pur lavorando con margini più ristretti derivanti da spread di pricing più ristretti (tasso di interesse applicato meno i costi di finanziamento);
  • i nuovi prestiti concessi alle società non finanziarie hanno mostrato un quadro misto in termini di assunzione di rischi da parte delle banche, combinato con spread di pricing per lo più decrescenti.

Concentrandosi sulle pratiche di concessione di prestiti, la vigilanza bancaria della BCE mira a rafforzare la resilienza delle banche, che è una delle sue priorità di vigilanza. La BCE ritiene che una corretta sottoscrizione del credito sia essenziale per la stabilità delle banche.

Il 20 maggio us l’Autorità bancaria europea (EBA) ha pubblicato le sue linee guida sulla concessione e il monitoraggio dei prestiti, che prevedono che le istituzioni sviluppino standard solidi e prudenti per garantire che i prestiti di nuova concessione siano valutati correttamente. Le linee guida mirano anche a garantire che le pratiche delle istituzioni siano allineate alle norme di tutela dei consumatori e rispettino un trattamento equo dei consumatori.

Secondo le linee guida, le banche dovrebbero sviluppare una “cultura del rischio di credito”, agendo nei fatti da Senior Executive (leggasi Senior Advisor) attraverso il loro personale preposto e che la Formazione del Personale (leggasi competenze) dovrebbe garantire che i prestiti siano concessi solo a coloro che possono permettersi di rimborsarli. La analisi dei rischi dovrebbe considerare il settore e il mercato di riferimento (environment) dell’impresa cliente, e, ultimo ma non ultimo, le procedure automatizzate o di Intelligenza Artificiale per la valutazione del credito dovrebbero aiutare a evitare eventuali distorsioni nella valutazione.

Ora, sappiamo benissimo che le imprese italiane soffrono di insufficiente patrimonializzazione e che il lungo periodo di lockdown ha cagionato perdite che hanno sottratto risorse finanziarie alle imprese. Le risorse finanziarie del decreto liquidità consentono, in parte, di superare la criticità finanziaria di breve, il debito contratto però potrebbe dimostrarsi non sostenibile in assenza di nuovi mezzi propri.

Inoltre, ai cambiamenti dei modelli di business, che si rendono necessari per la rigenerazione dell’attività di impresa attraverso la digitalizzazione e l’innovazione è associato un rischio di execution che rende auspicabile una riduzione della leva finanziaria.

Alcune ricerche relative alla crisi finanziaria del 2008 hanno rilevato che un piccolo gruppo di aziende, in ogni settore, ha superato i propri competitors. Questo gruppo di imprese aveva subito maggiori cali nel fatturato rispetto alla media del settore ma nel 2009 i loro ricavi erano cresciuti del 10% rispetto alle diminuzioni di fatturato del 15% delle aziende meno efficaci nel reinventare e ridisegnare il proprio modello di business e la loro organizzazione interna.

In genere le aziende in grado di reagire meglio avevano prima della crisi bilanci più solidi che avevano unito ad una forte azione di contenimento delle perdite nella fase acuta della crisi.

Probabilmente in questa crisi questi due aspetti, chiave nelle crisi precedenti, saranno importanti ma non sufficienti. La capacità di reinventare con immaginazione l’offerta e il nuovo modello di business diventerà un aspetto sostanziale per uscire dalla crisi prima e meglio degli altri.

La crisi legata alla pandemia sarà un acceleratore di tre tendenze in atto e che sostanzialmente, già da questa fase, segneranno un punto di non ritorno. Me ne ero già occupato parlando di futuro del lavoro, intelligenza artificiale, digital sales&services. Tre tendenze che si stanno affermando come non arrestabili: la crescita del commercio elettronico, la diffusione della telemedicina, la crescita dell’automazione nei luoghi di produzione delle merci che a breve esonderà nella produzione dei servizi a basso valore aggiunto.

Inoltre, bisogna tener presente che le imprese con esposizioni UTP rappresentano 75 mld € di esposizioni bancarie e hanno 750k addetti oltre all’indotto (fonte Prelios). Una parte di queste hanno concrete possibilità di continuità aziendale ed alcune costituiscono anelli fondamentali della catena del valore. Appare chiaro infine che il risanamento delle imprese UTP presenta benefici anche per le casse pubbliche in considerazione del fatto che ogni lavoratore posto in CIGS costa complessivamente allo Stato (tra onere della CIGS, della NASPI e della contribuzione integrativa) non meno di 60k.

Le conseguenze principali riguardano quindi il ruolo delle banche all’interno dell’ecosistema delle imprese che fanno da cerniera con il governo italiano e le istituzioni europee. È evidente che il paradigma della relazione tra banca e cliente impresa deve essere ridisegnato: da broker del credito a business advisor strategico, cioè in grado di valutare concretamente i business plan e i progetti di sviluppo, e partner in grado di supportare il cliente attraverso l’integrazione di sapere e competenze necessario a colmare lo skills gap mediamente tipico della proprietà e del management della piccola impresa italiana. Il bisogno che emerge è quello di formare un nuovo mindset e di dotare il personale appartenente alla filiera creditizia allargata di una serie di competenze per potenziare la loro capacità di analisi, strutturazione e gestione su più direttrici e in linea con la nuova visione e il nuovo ruolo che le banche si devono dare anche in ossequio alle linee guida dell’EBA che diventeranno operativa a partire da giugno 2021. Non si tratta solo di progetto di upskilling ma di riuscire a immaginare concretamente un nuovo ruolo per le banche e plasticamente un nuovo ruolo per il gestore dell’impresa cliente. Siamo oltre il reskilling. Teoricamente ci sono 12 mesi, un tempo sufficiente per riuscire a fare un buon lavoro, ma quante banche stanno già lavorando su questa direttrice di sviluppo?

https://eba.europa.eu/sites/default/documents/files/document_library/Publications/Guidelines/2020/Guidelines%20on%20loan%20origination%20and%20monitoring/884283/EBA%20GL%202020%2006%20Final%20Report%20on%20GL%20on%20loan%20origination%20and%20monitoring.pdf

https://www.bankingsupervision.europa.eu/ecb/pub/pdf/ssm.creditunderwriting202006~d2a9e3329c.en.pdf