Anni fa, con i miei clienti e con alcuni professionisti e intellettuali amici iniziai a parlare di delocalizzazione intellettuale come opportunità per poter fare del sud Italia un’area di lavoratori della conoscenza felici. Le aziende e le istituzioni avrebbero potuto pagare meno questi professionisti perché oggettivamente nel Sud Italia vivere costa meno.
Le tecnologie per poterlo fare già esistevano prima del Covid 19. Avremmo tamponato la perdita del capitale umano e magari si sarebbe innescato un circolo virtuoso con il ritorno di chi prima si era trasferito a Milano. Insomma praticamente nessuno mi diede retta. Ora si parla di southworking. Che dire, sono d’accordo a prescindere. Di questo e di altro avevo scritto in un post la scorsa estate, agosto 2019, dopo aver letto il rapporto Svimez. Lo trovate qui di seguito.
Nelle slides presentate dalla Svimez all’inizio di agosto si prevede che il Sud Italia nel 2019 andrà in recessione. Dalla metà del 2018, mentre il centro nord ha continuato a vedere crescere il numero dei posti di lavoro, il sud li ha visti diminuire mentre è aumentato, di molto, il ricorso alla cassa integrazione. Rispetto ai livelli occupazionali del 2008, il sud conta 265 mila posti di lavoro in meno. Rimane a parole, un’area dalla grande potenzialità, sempre meno evocata e sempre più bisognosa di una cura ragionata, di elementi culturali e concreti e di persone con le giuste competenze e la capacità di far funzionare le cose, per poter far partire un progetto ambizioso e lungimirante.
La distanza del Sud, rispetto al Nord, in termini di ricchezza pro capite, occupazione, istruzione e formazione, speranza di vita, è molto ampia. Per provare a immaginare come poter creare un nuovo futuro, diverso e soprattutto lontano dalle grandi illusioni che talune ciniche decisioni politiche tendono a corroborare, è fondamentale riuscire a partire dai punti di forza presenti e più vicini per poter influenzare positivamente e trasformare le aree di opportunità in nuovi progetti per la crescita economica e culturale. In letteratura già emergono spunti e idee che partendo da dei dati oggettivi certificano che una parte dell’industria manifatturiera italiana si appoggia su filiere lunghe che vanno dal nord al sud dell’Italia. È possibile allargare e allungare queste filiere industriali?
Il turismo nella sua declinazione “mare” e nelle più ricche e raffinate versioni integrate che si modellano grazie alla giunzione tra cultura e agroalimentare, è da sempre stato indicato come la vocazione naturale del territorio una volta che è stata messa da parte la progettualità industriale realizzata a partire dal secondo dopo guerra. Alcuni studi hanno evidenziato che a livello nazionale ogni pernottamento turistico genera un valore aggiunto di 103,4 euro. Questo valore sale però a 105,4 euro nel caso di turismo culturale e a 119,6 euro per il turismo enogastronomico. Attualmente il valore medio di valore aggiunto turista/notte al Sud è pari a 70,8 euro. (Massimo Deandreis, Il Mezzogiorno in Agenda Italia 2023 a cura di Andrea Goldstein, Il Mulino 2018).
Appare evidente l’enorme area di opportunità già solo su questo versante: in un mondo globalizzato dove il fenomeno delle polarizzazioni è sempre più diffuso in tutti i settori, i risultati economici sono migliori dove l’offerta è maggiormente articolata e allargata. I dati tendenziali di questa stagione estiva prossima alla conclusione lo confermano. Va meglio chi ha maggiore qualità e una offerta integrata. È possibile riuscire a far sì che il Sud con una migliore offerta sia in grado di influenzare positivamente i Sud con una offerta più limitata? È possibile riuscire a “rubare” qualcosa dalla sapienza del Sud Tirolo per importarla al Sud? Senza porsi limiti, immaginando di poter avere un giorno non troppo lontano, infrastrutture e sistemi di mobilità degni dei tempi e delle possibilità che la tecnologia oggi mette a disposizione, si può iniziare rubando una piccola cosa del sistema di accoglienza per il cittadino turista che dà come risultato che le persone addobbino balconi e finestre con splendidi fiori?
Dal 2001 al 2018 un milione e ottocentomila italiani si sono trasferiti dal Sud al Nord o all’estero. Non sono solo laureati ma anche operari, impiegati, autisti. Non sono solo i giovani e figli ma anche i papà e le mamme a spostarsi e a lasciare la terra natia. È possibile riuscire a creare un modo per attivare e invogliare le persone che sono andate via e che fuori sono riuscite a crescere professionalmente a tornare? Molte persone sono andate via perché lo volevano, altre sono state costrette per mancanza di opportunità concrete. Questi sono quelli che sarebbero più sensibili ad una possibilità di ritorno, tanti sono fra i cosiddetti “cervelli in fuga” che tra l’altro hanno visto crescere “fuori” il loro livello professionale e di competenze e che potrebbero riuscire a gestire bene e meglio di altri progetti concreti di sviluppo disponendo probabilmente di più argomenti e maggiore motivazione per riuscire a dare concretezza ad una visione di strategica complessa.
Sarebbe possibile riuscire a fare del sud anche una grande area di destinazione per una “delocalizzazione intellettuale”? Nel momento in cui tanti business si modificano perché la tecnologia digitale grazie all’intelligenza artificiale distrugge la modalità di costruzione e erogazione di molti servizi è possibile immaginare un modello di servizio innovativo e migliore in grado di integrare con sapienza Human Touch & AI e farlo al Sud per trasferirlo e venderlo ovunque tramite le tecnologie digitali? Si può realizzare questo processo facendo tornare persone del Sud che hanno maturato esperienze e che hanno voglia di continuare a vincere sfide professionali importanti e di farlo con più motivazione perché possono farlo a “casa loro”? Credo sia necessario che la politica rimetta al centro dei programmi prossimi venturi un pezzo di territorio fondamentale, con maggiore immaginazione che in passato, partendo e utilizzando al meglio i punti di forza già esistenti, cooptando le persone e le aziende con la maggiore motivazione possibile. Alcune persone possono sicuramente essere scelte tra chi è nato e cresciuto in un territorio e poi obtorto collo ha dovuto allontanarsi per poter proseguire nella propria crescita come individuo e professionista.
Per crescere professionalmente e avere delle prospettive buone per il futuro è certamente importante cosa sai, cosa sai fare, l’ampiezza e la profondità della rete di relazioni familiari e dei legami deboli (Mark Granovetter docet), ma è ancora più importante dove vivi (Enrico Moretti, La nuova geografia del lavoro, Mondadori 2013). Il settore del turismo, dei servizi complessi, dell’innovazione, sono settori ad alta densità di lavoro umano, al contrario della produzione industriale sempre più slegata dal lavoro degli operai. La competizione globale configurerà il futuro dei territori e delle nazioni attraverso la loro capacità di attrarre capitale umano qualificato e imprese innovative. Attualmente vengono esaltati dai media e dalla comunicazione politica fatti e progetti in grado di generare magicamente gratificazione immediata. L’impegno a lungo termine sembra sia stato definitivamente defenestrato. La politica dedica la maggior parte del proprio impegno a questioni di breve o brevissimo periodo, scimmiottando nei fatti le società quotate in borsa i cui valori sono soggetti alle aspettative dei mercati appoggiate sulle previsioni degli analisti che poi trovano riscontro o meno attraverso le pubblicazioni delle trimestrali. La politica ha superato di gran lunga questa logica animando dibattiti su come si possa incidere quotidianamente per arginare alcuni aspetti negativi in corso senza mai affrontare con capacità immaginifica e lungimirante questioni di natura strategica molto complesse. La attuale fase storica vede trionfare la tattica sulla strategia, il brevissimo sulla visione, l’uovo sulla gallina.
Nel piano della realtà le cose stanno diversamente. Rinforzare le filiere industriali esistenti, allargare e integrare l’offerta turistica attraverso le connessioni con i beni e le attività culturali e il comparto agro alimentare, favorire la delocalizzazione intellettuale attraverso la creazione di hub di produzione di servizi ad alto valore aggiunto in grado di coniugare human touch & ai, utilizzando come agenti del cambiamento anche persone nate a Sud e cresciute professionalmente al nord o fuori dall’Italia.
Per il Sud o troviamo una soluzione complessa ad un problema strategico per l’Italia o non ce la faremo mai.