Il turismo rappresenta il 13% del Pil ed è uno dei settori maggiormente colpiti dalla crisi del Covid. Dall’ultimo monitoraggio Enit, emerge che un 47,5% degli italiani partirà, rimarrà in Italia e probabilmente prenderà in considerazione come periodo vacanziero anche il mese di ottobre. Sarà un’estate di smartworking da alternare a periodi di brevi vacanze. Così come per il retail, costretto a utilizzare metodologie e strumenti di customer flow management, anche nel turismo, la distanza tra la fine delle vacanze e l’inizio si allungherà per occupare per brevi periodi in case vacanze e abitazioni private.
Il post Covid-19 fase 1 potrebbe gettare il seme per poi far fiorire la piantina mai nata della destagionalizzazione.
Intanto il governo sta pensando ad un fondo di 750 milioni della Cdp. Questo capitale dovrebbe essere investito per modernizzare e digitalizzare un comparto rappresentato da 33.166 strutture alberghiere che contano 2,25 milioni di posti letto che rendono l’Italia prima in Europa per disponibilità turistica.
Se utilizzassimo questa cifra per fare del turismo una priorità strategica per il paese, sarebbe un bene. Se passassimo dalla moltiplicazione dei messaggi su base regionale, ad una visione strategica complessiva in grado di far emergere le differenze e l’articolazione di una nuova offerta pensata, aggiornata e digitalizzata, in grado di passare dal fai da te e la polverizzazione, alla leadership globale.
La reputazione del nostro paese su scala globale è eccellente, perché non iniziare a trarne davvero un profitto?
Il comparto turistico ha un potenziale inespresso legato alla forte stagionalità del settore, dovuta a vincoli strutturali e di organizzazione del lavoro di stampo fordista e limitata promozione e sviluppo di offerta per la bassa stagione. Più del 50% del valore diretto dell’indotto è concentrato tra giugno e settembre, con strutture sottoutilizzate per gran parte dell’anno: media utilizzazione 67 ad agosto vs 16 a novembre. Inoltre, pur presentando un incomparabile patrimonio paesaggistico e culturale, l’Italia presenta ancora molti territori e destinazioni dal potenziale turistico inespresso.
Il 60 del valore del comparto è generato in 5 regioni (Trentino-Alto Adige, Lombardia, Toscana, Lazio), da 4 prodotti città d’arte (FI, VE, MI), Lago di Garda, Trentino Alto Adige e Riviera Adriatica. Vi sono territori dal potenziale inespresso, specie al Sud. A titiolo esemplificativo a Sicilia ha estensione costiera e condizioni logistiche/climatiche comparabili alle Baleari, ma i livelli di presenze sono 10 volte inferiori.
Il patrimonio diffuso dell’Italia (es edilizio, storico, culturale e paesaggistico) non è valorizzato a pieno dal punto di vista turistico. Inoltre, solo 11 destinazioni italiane sono presenti nella “Rete delle Città Creative” dell’UNESCO, che ha l’obiettivo di rafforzare la cooperazione tra le città che hanno individuato nella creatività (design gastronomia, cinema, musica) l’elemento per il loro sviluppo sostenibile.
Tuttavia, a differenza dei principali Paesi competitor, negli ultimi anni l’Italia ha compiuto sforzi limitati per sviluppare nuovi “prodotti verticali”, legati a passioni o esigenze specifiche (come ad esempio il golf per la Spagna, che è diventata il leader europeo del settore con il 35 della quota di mercato). Proprio su questo ultimo punto, vale la pena di soffermarsi per ricordare come, quando si decide di elaborare una strategia e successivamente ci si organizza concretamente per realizzarla, i risultati arrivano. Negli anni 60’, quando ancora c’era Francisco Franco, la Spagna decise di fare del turismo una priorità strategica. Lasciano autonomia alle comunidad centralizzò la supervisione degli standard e l’offerta nelle trattative con governi e aziende straniere. Gli spagnoli studiarono anche l’Emilia- Romagna, poi decisero di andare oltre: non solo spiagge affollate ma campi da golf, relais, voli charter e un’agenzia pubblica che funziona.
Il turismo, in parole semplici, come ogni altro settore, dovrebbe essere guidato da una strategia che include la capacità di avere visione unitamente a un dipartimento di innovazione, che utilizzando le metodologie Lean, Agile, Design Thinking sia in grado di disegnare, raccogliere feedback, affinare e lanciare nuovi prodotti.
Su quali verticalità?
Sicuramente la nautica, sicuramente le città creative ad alto tasso di potenziale formativo esperienziale grazie ai musei, ai siti archeologici, l’artigianato specialistico e l’enogastronomia.