I leader giapponesi sono da tempo alla ricerca delle modalità per incrementare la produttività attraverso l’automazione per guidare l’economia verso la crescita. Questi interventi sono diventati prioritari visti i bassissimi tassi di natalità e l’aspettativa di vita delle persone in costante aumento. Le persone in età lavorativa, compresa tra 15 e 64 anni, rappresentano il 59,7% della popolazione totale.  Nonostante gli sforzi per integrare più donne, pensionati e lavoratori stranieri lo shock demografico minaccia seriamente di bloccare la crescita del PIL per il prossimo decennio. La chiave di volta per la crescita e la sostenibilità economica non può passare solamente dalla ricerca di nuovi lavoratori ma passa dalla trasformazione dell’organizzazione del lavoro attraverso l’automazione e la digitalizzazione.

Anche per il Giappone la pandemia COVID-19 ha impresso una forte accelerazione al passaggio verso il digitale, l’occasione ora diventa ghiotta per riuscire a muoversi ancora più velocemente in quella direzione unitamente a un grande piano di reskilling per i lavoratori. Il McKinsey Global Institute (MGI) stima che il Giappone avrà bisogno di un incremento di 2,5 volte della produttività nei prossimi 10 anni per mantenersi ai livelli di crescita ottenuti negli ultimi anni. Anche riuscendo a raggiungere questi risultati in termini di aumento della produttività, il Giappone probabilmente dovrà affrontare una carenza di manodopera. Prima della pandemia, il Giappone era sulla buona strada per riuscire ad automatizzare il 27 per cento delle attività entro il 2030. Con questo trend sostituirebbe di 16,6 milioni di persone ma lascerebbe comunque il paese con un deficit di 1,5 milioni di lavoratori in dieci anni. Ricercatori hanno stimato che l’automazione potrebbe attestarsi intorno al 56% delle attività lavorative svolte in tutto Giappone, consentendo alle aziende di ridurre i costi e aumentare la produttività nonostante la contrazione della forza lavoro. Per raggiungere questi obiettivi dovrà schiudersi una nuova mentalità e un nuovo approccio alla leadership. I datori di lavoro dovrebbero partire elaborando un piano strategico integrato da un piano di upskilling e reskilling per le persone per riuscire a coprire gli 11-12 milioni di posti di lavoro che si creeranno. Ci sarà bisogno di persone con competenze digitali, tecnologiche, di lettura dei dati e di business per riuscire a tradurre l’automazione e l’innovazione in crescita. Chiaramente questo piano dovrà essere svolto di concerto con le agenzie governative per riuscire a incoraggiare le persone a intraprendere un learning journey continuo in grado di saldare il processo di automazione e digitalizzazione con la copertura dei nuovi ruoli e dei nuovi lavori che si genereranno.

I primi a dover cambiare sono i leader. Non si può guidare nessuno verso una rivoluzione che non si comprende.

L’Italia come il Giappone è a crescita zero e con una aspettativa di vita delle persone molto elevata. In Italia, negli ultimi giorni, è stato certificato il sorpasso del numero dei pensionati rispetto ai lavoratori. L’Italia continua a perdere lavoratori qualificati e formati attraverso l’utilizzo di risorse pubbliche, perché costretti a emigrare per mancanza di opportunità reali.

Ora ci troviamo di fronte ad un grandissimo cambiamento di scenario, attraverso il Recovery Fund all’Italia andranno i contributi più cospicui: 172,7 mld tra cui 81,807 in forma di sussidio e 90,930 come prestito. I fondi saranno divisi in tre diversi programmi di sostegno. Il più cospicuo e determinante sarà il Recovery and Resilience Facility e dovrebbe essere sottoposto a una doppia condizionalità. La prima è l’obbligo di indirizzare gli investimenti verso i fronti strategici indicati dall’Unione, Green Economy e Digitalizzazione, oltre che verso i settori più colpiti dalla crisi, primo fra tutti il Turismo. La seconda è l’attuazione delle Riforme indicate dalla Commissione.

Il calendario prevede che entro il 15 ottobre pv vengano consegnati i Piani nazionali per il miglior utilizzo delle risorse europee. Proprio come il Giappone, dovremo pensare, finalmente, ai settori, al lavoro, ai piani di upskilling e reskilling delle persone, alla salvaguardia dei nostri figli e dei nostri nipoti.

Il momento è cruciale per disegnare un futuro nuovo, un futuro comunitario digitale, green e sostenibile. Questo è il momento in cui una generazione che ha pensato per lo più solo a sé, senza preoccuparsi troppo delle conseguenze per le generazioni successive, dovrà costruire per il futuro degli altri.

Questo è il momento. Forse non ce ne sarà un altro.

Pensiamoci rapidamente e facciamoci sentire.