Il 2 marzo 1959, a New York, cinque musicisti scelti personalmente da Miles Davis entrarono nello studio della Columbia records sulla 30ª strada per una seduta di registrazione di un giorno intero. Alcuni non si erano mai incontrati prima. Riguardo alla musica che avrebbero registrato avevano ricevuto solo vaghe informazioni. Qualche appunto su scale e melodie era stato fornito in anticipo, ma quella era tutta la loro preparazione.

Una volta arrivati nello studio insonorizzato con gli strumenti pronti, Davis, con la sigaretta che gli pendeva tra le labbra, diede qualche succinta istruzione. A quel punto, iniziando il brano che sarebbe diventato So What: qualche melanconica linea di basso un drumming morbido e un piano che galleggia delicatamente prima che intervenga la tromba e il sassofono. Il frutto di quella session So What, Kind of Blue, racchiude la tensione che deriva dalla cooperazione spontanea.

Il gruppo di musicisti scelti con cura da Davis che improvviso sotto la sua guida fece di canto blu il più longevo disco di jazz mai registrato. Esistono molte teorie riguardo al motivo per cui Kind of Blue ha avuto un successo così duraturo. Tutte partono dalla pacata ma incisiva leadership di Davis durante il processo di registrazione. Bill Evans, il pianista, ha sempre avuto la convinzione che il segreto stesse nella semplicità degli schemi e nella vaghezza delle istruzioni fornite da Davis al suo gruppo: “questa suonatela bene“, diceva, oppure, indicando qualcuno, “tu suoni questa nota“ e, rivolgendosi a un altro, “tu suoni questa nota“. C’è però anche la scelta anticonformistica da parte di Davis, di riunire un’inaspettata combinazione di musicisti, selezionando un suono unico da soggetti diversi.

Per chi studia il successo Kind of Blue è un esperimento affascinante di team building che spinge a domandarsi come si possa seguire le orme di Davis e mettere insieme una squadra pronta per il successo. Non è una coincidenza che l’indiscusso capolavoro di Davis sia stato registrato da musicisti esperti che non avevano mai suonato insieme. Quando è stata tracciata la mappa delle relazioni tra i musicisti dell’album, si è scoperto che Davis non era solo musicista eccezionale, ma anche un ottimo creatore di squadre. Aveva intuito tutto ciò che la scienza delle squadre avrebbe scoperto cinquant’anni dopo, ossia che mettere insieme un gruppo di suonatori richiede un abile equilibrio e che quando i musicisti sono troppo affiatati o troppo eterogenei gli album che producono hanno sistematicamente poco successo.

La varietà necessaria per un’accoglienza positiva ha che fare con le relazioni. Mettere insieme alla bell’ e meglio un gruppo di strumenti impensati nel tentativo di creare un solo sperimentale, in realtà ostacola il successo. È stato dimostrato che a influire più di ogni altra cosa sull’accoglienza riservata a un album è la varietà stilistica raggiunta grazie un ventaglio di collaborazioni diverse.

La differenza fa la differenza.

Tratto da “La Formula – Le Leggi Universali del Successo” di Albert-László Barabási https://www.amazon.it/formula-leggi-universali-successo-Saggi-ebook/dp/B07TL8GFCB